l’estate non mi è mai piaciuta molto: non ho la passione del mare, e in più temo il caldo. conosco quello del sud, che mi trasforma in un essere affascinato e stordito, e quello di città. l’estate urbana, però, ha un vantaggio: appena si comincia a vivere con le finestre aperte, in qualsiasi cucina di città (da quando ci abito) mi sembra di essere dentro la finestra sul cortile. che per ottenere il massimo dell’immedesimazione va rivisto va rivisto così, d’estate, boccheggiando sul divano, con la luce spenta (mai provato con la gamba ingessata). leggendo wilson scrivere di un altro bellissimo film sullo stesso argomento, mi è venuto in mente questo: sarà senz’altro vero che tra gli elementi costitutivi del cinema c’è il collegamento al voyeurismo, alla pulsione scopica eccetera. ma per me è anche viceversa: la curiosità con cui si guarda dentro una finestra, dal balcone di fronte o, più ancora, da un treno che attraversa la periferia di una città, somiglia molto al piacere cinematografico di guardare una storia dall’esterno, una storia finta; o al piacere di guardare una casa di bambola con l’illusione di capire una struttura. insomma, le immagini e le storie in-formano tanto la percezione che anche il voyeurismo finisce per assomigliare al cinema e al gioco, non solo il contrario.
e il bello di la finestra sul cortile sta proprio nel riprodurre al quadrato il piacere del cinema stesso. senza aria condizionata (colonna sonora: estate di bruno martino).
ora vado, perché alla televisione c’è manhunter...
17.07.04: in piena estate, aggiorno aggiungendo due immagini di quadri di hopper (from williamsburg bridge e house at dusk) che colgono proprio la struggente sensazione di sbirciare in una casa altrui – e che mai sarà nostra, per fortuna o per disgrazia – dal finestrino di un treno.
è opinione comune che fra le fonti d’ispirazione figurativa di hitchcock ci fosse hopper (soprattutto per la casa di psycho; mi pare ne parlasse anche la mostra di qualche anno fa su h. e la pittura).
un articolo recente sul pittore osservava però che «anche se c’è un senso di voyeurismo in quadri del primo periodo come night windows, hopper era più interessato a catturare il contrasto fra luce e oscurità, fra interno ed esterno, che non a raccontare una storia. se alfred hitchcock ha imbevuto questi soggetti di significati sinistri in film come la finestra sul cortile e psycho, ciò non significa necessariamente che questa fosse l’intenzione originale di hopper».
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