che le ceramiche fantasia continuino ad arrivare sane e salve dall'inghilterra ha dell'incredibile, e comunque è divertente (il postino invece ormai mi odia).
quanto ai concerti, il commento di edo dice quasi tutto.
i maximo park non li avevo mai visti e speravo in un concerto migliore: è uno di quei casi in cui per contrasto ti accorgi di quanto siano ben prodotti i dischi e fai un po' fatica a riconoscere il suono dal vivo; non che debba essere identico, anzi, ma risultava tutto un po' affastellato e mi ha preso veramente solo durante books and boxes e apply some pressure (anche p., che non conosceva le canzoni, li ha trovati simpatici ma non una rivelazione).
la giornata di rock in idro mi è stata talmente funestata dallo spostamento di sede (chi osa levarmi l'unica giornata che avevo in programma di passare all'aperto a milano?) che l'ho goduta pochino.
ma ho amato al primo ascolto i flogging molly – arrivando si pensa «sì, va bene, ancora folk-punk irlandese, che sarà mai», e invece... che bella cosa – ed è valsa la pena di rivedere i pogues.
ne ricordavo un grandissimo concerto del 1990 a correggio e uno successivo in cui la presenza di shane macgowan era già rarefatta come un fantasma. sabato sera invece lui c'era davvero – nelle foto di stefano masselli sembra diventato quasi bello – sdentato sì e attaccato a un bicchiere non certo d'acqua fresca, ma con molti capelli e sempre più sicuro man mano che procedeva il concerto, in particolare in dirty old town e rainy night in soho (now the song is nearly over – we'll never find out what it means... non posso che confermare il mio amore per le rockstar attempate). la pessima atmosfera del palasharp era stata un po' mitigata dal telo con i grattacieli e dalle note di straight to hell prima che i pogues salissero sul palco.
philip chevron sembra vecchissimo ma perlomeno è vivo e ha cantato la sua meravigliosa thousands are sailing (mia canzone preferita dei pogues).
per la cronaca:
i gogol bordello dal vivo dicevano poco – ne ho ascoltato solo metà perché i suoni balcanici risultavano noiosamente assenti, in una patchanka abbastanza qualunquistica da cui ogni malinconia era svanita lasciando solo, mi è parso, una certa superficiale cialtroneria.
i social distortion li abbiam sentiti con piacere, onesti e solidi come te li aspetti.
i babyshambles abbastanza inqualificabili – senz'altro penalizzati dall'orrido suono del papasharp e dall'indifferenza del pubblico (con la lineup di sabato avevano ben poco a che fare), ma sono apparsi inutili e contraddittori come il loro nome.
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