alla lush avevano capito tutto, mi hanno pure appioppato un campione di sapone rosa... annusarlo potrebbe forse aiutare un po' a riprendersi dalla mostra di paul mccarthy. mi sono ricordata di andarci dopo aver letto susner, ed effettivamente lo spazio di palazzo citterio a brera ha dell'incredibile. ciò che ti segna di più forse è ritrovarsi a guardare il quieto, luttuoso autoritratto all'ingresso sotto la minaccia di urla terribili provenienti dal sotterraneo (terrore incombente che tutte le dementi nefandezze della decadenza messa in scena da mccarthy forse non arrivano a eguagliare – benché insomma, fra tutte le sgradevolezze organiche cui ci si può trovare di fronte a una mostra, questo è un bel vertice, va detto).
esci e per un attimo ti torna la gioia di vivere, finché non arrivi in piazza del carmine a constatare l'effetto del negozio di marc jacobs che ne monopolizza il lato sinistro: non ci sono manufatti particolarmente oltraggiosi ma il tutto stride, non va. il bar, poi, l'hanno messo all'estremità più vicina alla chiesa. se ci si aggiunge la quantità abnorme di tavolini con cui il ristorante di fronte invade il sagrato, eccoci a dire ciao ciao a una delle piazze più belle di milano (per la cronaca: poche, milano non è una città di belle piazze).
all'angolo per fortuna resiste il negozio tradizionale delle scarpe da sciura milanese: garlando (che per la comodità consiglio, mentre quelle di mj le sconsiglio – chissà perché la protagonista delle herbes folles di resnais si va a comprare le scarpe proprio dall'americano, con tutti i negozi che ci sono a parigi).
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