un riassunto del rock mancuniano dal punk al post-punk a madchester avrebbe avuto luogo nella pianura friulana. premessa per una spedizione con qualcosa di assurdo e inevitabile (nonché una riscossa del mio entusiasmo per i concerti vagamente in declino). ad azzano decimo avrei dovuto chiedere in giro chi fosse l'anima gemella/mente malata, insomma il curatore, responsabile di aver introdotto – in un festival già eterogeneo – l'alienitudine di questi inglesi del nord non meramente deviati da un tour già in atto ma attivamente deportati tutti assieme dentro l'assolato weekend di un piccolo paese italiano per collegarli a tanti speaker con il marchio di un noleggio musicale di pordenone.
io e p si pensava di doverci mescolare a una folla assiepata, di dover affrontare attese in piedi, di dover un po' soffrire per il privilegio di vedere buzzcocks, the fall e inspiral carpets nella stessa sera (privilegio dubbio per via dei set inevitabilmente corti, ma va be'). invece:
così fino a 15 minuti prima del concerto. poi pubblico variabile dalle 50 persone fino a non più di... 300? 500? mah. pubblico dunque strettamente locale, immagino. zero aura da festival, ma alcune magliette topologicamente corrette: 1 degli smiths, 2 dei joy division (vincono comunque le magliette dei black flag, che ci sono sempre: 3 compresa quella di p).
ma passiamo all'aggiornamento, ovvero quello su mark e. smith. che ha cinquantasette anni ma ne dimostra settanta. che arriva piuttosto elegante portando un quaderno/cartelletta di fogli manoscritti e sul grande palco si aggira incessantemente sfogliando i fogli, manomettendo gli altoparlanti, abusando dei microfoni, blaterando i suoi proclami come un predicatore inascoltato e incompreso (chi ci capisce mai nulla, tantomeno gli italiani), scambiando cenni d'intesa con la sua band dedita nel frattempo a costruire l'ossessione sonora che è the fall, dai due batteristi sull'orlo dell'attacco cardiocircolatorio a mrs smith impassibile alla sua minitastiera korg con tacco a spillo bianco e tre borsette (avevo già notato nei video che quando suona all'aperto tiene la borsa in spalla; stavolta ne aveva una grande, una a tracolla media e una piccolina che appendeva al supporto del sintetizzatore).
niente, una macchina da guerra che suona implacabile pur nella ristrettezza temporale del set. fosse durato di più, a momenti mi spodestava gli swans per il titolo questo-non-è-un-concerto-è-un'esperienza-mistica.
totalmente enigmatico ma non ostile, persino sorridente, MES appare dimesso nell'agire sul palco ma assai soddisfatto della sua creatura sonora, tribale e ipnotica quanto le parole che l'accompagnano rimangono ostiche e solipsistiche.
prima si era pure seduto un po' con il quaderno su quella sedia rossa, pareva un insegnante che corregge i compiti in classe. il tamburo a destra l'ha rovesciato lui.
il concerto visto da un forumista
il concerto visto da un profano
di fianco a me in prima fila si era insinuato un ragazzino che manifestamente apprezzava il concerto nonostante la giovanissima età. a un certo punto però mi ha chiesto: «ma è ubriaco»?
Ultimi commenti