avevo un po' perso le tracce di luke haines, leader degli indimenticati auteurs, finché non ho letto che il suo volume autobiografico bad vibes. britpop and my part in his downfall era una lettura amena (e lo è – tipica scrittura britannica caustica e distaccata verso qualunque cosa, incluso l'autore; aneddoti da insider sulla scena inglese, ma anche capacità di sguardo più ampio sull'epoca 87-97; ora esce il secondo volume, post everything).
ho colto l'occasione per accostare al mio scaffalino di 3 album degli auteurs il primo disco dei black box recorder (trio dove non canta lui ma una ragazza), england made me – che nonostante la tipica influenza air da fine anni 90 si difende bene – nonché il recente album solista 21st century man.
sarò di parte, ma ne concludo che il mio coetaneo non delude le aspettative. potrei persino completarne lentamente la discografia, visto che mi mancano ancora 5 o 6 album.
faccio però fatica a immaginarmi che razza di libro sia questo: tim mitchell's truth and lies in murder park" (benben press) journeys into the mythology of the british singer-songwriter luke haines to conjure a fictional narrative with fragments of biography... mah.
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