all'elfo-puccini non c'ero ancora stata, è uno spazio sobrio, gradevole (appena appena contorto), che sa di nuova ristrutturazione, con un atrio dove mette allegria vedere l'animazione di una multisala a scopo teatrale e non cinematografico (senza i popcorn, per esempio). la cavernosa galleria di corso buenos aires ne viene solo in parte riscattata – speravo meglio – forse anche per i lavori in corso sul marciapiede.
martedì sera, l'arpagone interpretato da ermanna montanari ha dilettato senza troppi traumi anche una mezza scolaresca di adolescenti. ma sì, perché dopo un inizio veramente cupo e disturbante – lei torva come una rockstar incazzata in diabolici stivaletti margiela, il continuo rimescolamento della scenografia da parte della servitù, i personaggi giovani dal viso malaticcio e i gesti di meccanica marionetta – la commedia prende il sopravvento. pur grottesca e amara, ovviamente: la casa ridotta a forziere per il denaro, la famiglia a dinamica economica, un lieto fine che non riscatta la mediocrità dei personaggi.
il testo è proprio quello di molière nella traduzione di garboli ma de-enfatizzato (come ci si può aspettare) dalla continua messa-in-discussione, messa-in-evidenza e mise-en-abîme della messa in scena.
[che poi a volte lo trovo un pochino triste, che non si possa più fare uno spettacolo di prosa innocente, con un allestimento tradizionale, ma è la nostra condanna. e comunque, a vedere l'inizio dello spettacolo con i finti tecnici di scena che tirano i tendaggi, arriva il brivido.]
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