in un meraviglioso formato (almeno 1:1,85) a fare un bel film. però control di anton corbijn va visto perché, superato il fatto che non è un rock movie – fin qui tutto bene, non è elettrizzante, ma si evita un bel po' di retorica – e che è tratto dal libro della moglie, e da lei coprodotto – qui invece si scivola in una specie di scene da un matrimonio di scarsissimo interesse – resta l'impressione che un film così sazi un inesausto bisogno di immagini di allora, di tutte le immagini che non abbiamo dei joy division. corbijn riporta nella sua fiction l'inghilterra e gli interni anni 70 dei reportage di martin parr. trova un attore sulla cui faccia si può fare un film anche senza raccontare praticamente nulla, se ne infischia di motivazioni artistiche, dinamiche di gruppo musicale, contesto culturale, persino delle visioni interiori del suo personaggio che qualsiasi regista con più fantasia avrebbe cercato di indagare. non so che ne abbiano pensato i gotici spaventati guerrieri che vedevo entrare al secondo spettacolo (film di cannes a milano). di musica ce n'è il minimo indispensabile, di leggenda forse anche meno. ci sono delle immagini, che nel loro essere così volutamente costruite a tanti anni di distanza risultano inopinatamente autentiche.
mai amati troppo a dire il vero, i joy division, ma il film mi piacerebbe vederlo, per quest'idea del bianco e nero accattivante quanto vacuo e dell'inesausto bisogno di immagini che celano una sostanza insufficiente / si, non è in fondo il ritratto fedele della gran parte di ciò che scorre quotidianamente sotto ai nostri occhi? /
bella recensione / e un sacco di spunti, ogni volta che passo per di qui / P
Scritto da: PAR3RG0N | sabato, 23 giugno 2007 a 12:33
ecco, mi interesserebbe proprio il parere di qualcuno che veda il film senza tenere particolarmente ai joy division - io non riesco proprio a prescindere :)
Scritto da: rose | sabato, 23 giugno 2007 a 13:32