un articolo di world literature today (via literary saloon).
in che misura il traduttore dunque può/deve farsi editor? sono d'accordo sul fatto che non debba farsi carico in prima persona di esigenze strettamente editoriali o censorie, ma che rientri nei suoi compiti fare qualche «favore» all'autore. come tipo di operazione, può rientrare fra quelle di adattamento.
nell'usare il buon senso in questo modo, il traduttore diventa un po' critico letterario: se per testi storici o di valore attestato è facile professare la massima fedeltà, altro è distinguere nei testi d'attualità la giusta limatura (innocua per l'originale e migliorativa per la traduzione) dalla mancanza di correttezza verso il testo.
Dilemma etico. Quando si traduce comunicazione e l'autore sta facendo una brutta figura, meglio trasporre fedelmente la brutta figura, o evitargliela?
Scritto da: Garnant | sabato, 04 novembre 2006 a 12:53
eh, infatti... se il testo è destinato alla pubblicazione e ci si sente in qualche modo responsabili, alla fine gliela si evita. il che probabilmente non è giusto.
Scritto da: rose | sabato, 04 novembre 2006 a 18:20
Opportuno e ingiusto?
Scritto da: Fainberg | martedì, 14 novembre 2006 a 22:23