(att., spoiler)
a history of violence: una storia (clinica, si potrebbe dire), un passato di violenza, ma anche «una storia della violenza», quasi una teoria della violenza: un film stilizzato – già il piano sequenza iniziale sembra fatto per intrecciare inestricabilmente la violenza alla quotidianità – con una sceneggiatura che sembra una dimostrazione geometrica, perché la violenza le è necessaria. se tom non fosse stato joey, non potrebbe compiere il suo atto di eroismo. se tom non tornasse a essere joey, ancora e ancora, i suoi figli rimarrebbero orfani. la violenza esiste, non può non esistere, può essere accettata, può essere addirittura perdonata, ma non c'è mai un pareggio, la violenza crea un continuo squilibrio tra ragione e torto, tra moralità e immoralità, e il residuo c'è sempre, la colpa.
penso che il film di cronenberg mi abbia fatto particolarmente impressione perché solo domenica scorsa avevamo visto il primo di una montagna di dvd in prestito, lupo solitario (the indian runner, 1991) di sean penn, ispirato a highway patrolman di springsteen, film nel quale il personaggio di viggo mortensen, sempre lui, torna dal vietnam – come già in riflessi sulla pelle? o era la seconda guerra mondiale, o la corea... – e dice al fratello poliziotto: non capirò mai perché se lo fai tu sei un eroe, se lo faccio io mi sbattono in galera. (quella di frankie non è la violenza eletta a sistema dalla malavita, ma la reazione di chi non si adatta, di chi non può davvero mandar giù che il mondo sia com'è.) nothing feels better than blood on blood – ma le occasioni di smentire il ritornello proprio non mancano, nella stessa canzone, figuriamoci nella vita (r.: è grave che mi sia immedesimata in tutt'e due i fratelli? p.: è strano che tu ti sia immedesimata nei fratelli...).
volendo, confrontare il finale dolente ma caldo del film di sean penn con quello devastante di cronenberg. siamo sempre dalla parte del fratello «buono» – solo che qui il fratello buono ha appena fatto saltare le cervella a quello cattivo.
prorpio ieri ho visto il film
è tutto il giorno che ci ripenso
ieri ho passato tutta la serata a difenderlo con un mio amico, usciti dal cinema
la meccanicità della violenza e in generale la messa in scena estrememente scarna di una storia che rimane però "a fumetti" è la cosa che mi è piaciuta di più
pur mantenendo la contrapposizione tra buoni e cattivi e la tipizzazione dei personaggi, è estramemte anti mitico antieroico
sia nella totale assenza di patina che nella naturalezza del succedersi degli eventi
è un film politico sui film tratti dai fumetti
ce n'era bisogno
se ti va passa dal mio blog penso di scrivere qualcosa su history of violence
www.carlitosway.splinder.com
Scritto da: carlito | sabato, 07 gennaio 2006 a 19:21
a-ah, ma allora si tratta di quel carlito! un film meraviglioso, nel quale peraltro credo ci sia pure viggo mortensen...
Scritto da: rose | sabato, 07 gennaio 2006 a 19:27
Ti dirò, è un film che sedimenta proprio bene. L'ho visto più di un mese fa e oggi vedendo la locandina dall'autobus ho sogghignato.
Scritto da: Garnant | sabato, 07 gennaio 2006 a 23:34
ci si continua a ripensare. forse proprio per il modo particolarissimo con cui è trattato un intreccio in fondo così romanzesco, o per la scelta di far vedere il gesto di violenza con rapidità per poi indugiare sulle conseguenze...
Scritto da: rose | domenica, 08 gennaio 2006 a 18:18