san michele e il diavolo di bartolomé bermejo
tazza d’acqua e rosa su piatto d’argento di francisco zurbarán.
la prima riproduzione è proprio bruttina. visto che nessuno osa mettere online altre immagini dei suoi quadri, la national gallery farebbe bene a curare un po’ di più la qualità di quelle del suo sito.
sarebbe bello che la rete risolvesse l’annoso problema delle riproduzioni dei dipinti: all’infedeltà/inaffidabilità di quelle a stampa ci si è arresi (comunque rimane pazzesco che si sia potuto imparare qualcosa di storia dell’arte dalle immagini di libri come l’argan). in forma elettronica, con un po’ di attenzione, di certo si può far meglio, eliminata almeno la mediazione del processo di stampa (tra l’altro la carta invecchia, i pixel no). ma sarà necessario rifotografare tutto in digitale, per non ripartire dalle vecchie foto?
vorrei documentarmi un po’ sull’argomento.
Però ritengo l'Argan "insostituibile", anche se difficilissimo (infatti i docenti adottano oggi altri testi).
Tuttavia, chi ha studiato sull'Argan, si "riconosce".
:-)
Ciao rose
Scritto da: passim | venerdì, 05 marzo 2004 a 06:46
sono d'accordo: i libri di studio che ti lasciano qualcosa sono quelli che costituivano un po' una sfida intellettuale. le fotografie dell'argan però erano in gran parte dei macchioni gialli e neri (io almeno me le ricordo così). diversamente dalla la copertina del secondo volume, con la morte della vergine di caravaggio e il suo vestito rosso. che tra l'altro, se vai a vederlo adesso al louvre, non è affatto così. putroppo di quel dipinto enorme non si vede quasi più niente, è tutto scuro; non so quale sia la sua storia di restauri, se ne abbia bisogno, o se io ne avevo un ricordo alterato.
Scritto da: rose | venerdì, 05 marzo 2004 a 10:47
Davvero è un guaio, questa cosa delle riproduzioni delle opere d'arte in rete.
Argan e Hauser hanno costruito una generazione di meravigliosi e appassionati semi-incompetenti, produttori di "ricordi alterati" e di altre analoghe meraviglie - gli amanti dell'arte che preferisco, "gli scrutatori dell'arte". Qualcuno di loro potrebbe forse essere in grado di risolvere "meravigliosamente" il problema? No, purtroppo. Quelli che tecnicamente lo saprebbero fare appartengono alla generazione successiva, sono al più documentaristi, e non hanno quel tipo di sguardo da pesce lesso che ci veniva a noi arganisti davanti a un quadro, vero o riprodotto in stampa che fosse. Uff. Al solito.
Scritto da: untitled io | venerdì, 05 marzo 2004 a 20:52
chi si offre di scrivere «la giornata di uno scrutatore dell’arte»?
io comunque un po’ di fiducia nei documentaristi ce l’ho.
il salto seguente è ai documentaristi nel senso di filmmaker: mi viene in mente il bel film sul louvre di nicolas philibert.
Scritto da: rose | venerdì, 05 marzo 2004 a 21:02
una stampa più é fedele all’originale più viene a costare; un libro di storia dell’arte che avesse i colori uguali a quelli reali verrebbe a costare un prezzo simile a quello di una pubblicazione d’arte, a tiratura limitata, quindi non divulgativa.
Prima che venisse inventata la possibilità di riprodurre le immagini, l’unico sistema per conoscere la storia dell’arte che non si limitasse alla descrizione dell’opera, era quella di andare a vederla in loco. Senza andare troppo lontano, fino a un secolo fa vi erano artisti che, dopo aver fatto un viaggio a roma, cambiavano notevolmente stile.
Solo a partire dal momento in cui si ha la possibilità di riprodurre le immagini anche se in maniera deficitaria, e con tutti i limiti tecnici legati alla riproducibilità, l’arte diventa accessibile, l’informazione é più precisa, più sicura.
Senza contare che, anche la riproduzione migliore non riuscirà mai a superare il problema legato alla dimensione dell’originale. Un esempio (uno dei tanti) : “la zattera della medusa” di Gérricault che, per quanto uno possa vederla il più fedelmente possibile riprodotta su un testo, ne legga sulla didascalia le dimensioni, ecc., quando la vede dal vero ne ricava un impatto che é totalmente diverso. Un altro esempio é il “funerale ad Ornans” di Courbet.
E, infine, non dimentichiamoci che generazioni precedenti alle nostre hanno studiato su libri quali, ad esempio, il vecchio “Castelfranchi Vegas”, che avevano immagini in bianco e nero.
Con tutto questo discorso non ho comunque concluso e... bella domanda rose: chi?
Scritto da: passim | venerdì, 05 marzo 2004 a 23:01
ormai è difficilissimo, pensare all’arte prima dell’era della riproducibilità tecnica. io ricordo di averci messo del tempo a scavalcare il «mito» stesso della riproducibilità tecnica, voglio dire quella universalizzazione della sua applicabilità che spesso si dà per scontata e crea delle equivalenze arbitrarie. invece, di un quadro c’è riproduzione e riproduzione (e prima c’è il quadro), la musica è diversa a seconda delle esecuzioni, dei supporti e delle condizioni d’ascolto, ci sono libri che vanno fuori catalogo e non si trovano più... senza star troppo a cavillare (e sguazzando comunque gioiosamente in tutto questo), mi sembra però necessario esserne ben consapevoli.
ps importantissima l’osservazione sulle dimensioni dei quadri - è forse la cosa che stupisce di più lo «scrutatore» davanti all‘originale.
Scritto da: rose | sabato, 06 marzo 2004 a 00:33